Dammi il tuo miele,bambina…yeah!

“Giri per la stanza con gli occhi fissi al vuoto. sei certa che siano vere; centinaia di farfalle gialle ti passano accanto, ti sfiorano il collo, creano un mulinello color ruggine che fa danzare i tuoi capelli, sottraendoli alle leggi della gravità. 
la gelosia, pensi. 
prenderai il libro che lui ti ha regalato poco tempo fa. parla di una cittadina polverosa in cui il tempo si è rotto e la gente non riesce ad invecchiare. la polvere copre i ricordi e le persone si ritrovano senza memoria. biasimerai la tua memoria e penserai che il ricordo è un dono che non gradisci. pregherai per un po’ di polvere, ma vedrai solo il tuo riflesso opaco sui vetri appannati del tuo appartamento troppo vuoto. tutto ti ricorda che c’è troppo vuoto intorno a te. e questo vuoto viene dal vuoto dei ricordi. 
come vorresti saper trattenere quelle farfalle gialle per per mostrargli il tuo dolore la prossima volta che tornarà da te. perché sai che tornerà. torna sempre. e tu vuoi tutto di lui. anche se sai bene che non avrai tutto di lui. sospiri appoggiata al cemento freddo e trattieni il respiro per vedere cosa si prova quando si affoga. la radio passa una canzone dei beatles. 

I dream of you first kiss and then
I feel upon my lips again
A taste of honey
A taste of honey
Tasting much sweeter than wine
Do dut don du, do dut don du 

quando da piccola ti chiedevano qual era la tua bibita preferita, rispondevi “miele”. se te lo chiedessero ora diresti che è lui. cazzo, perché invece tu non puoi essere il suo miele? i suoi ricordi sono veri. questa è la differenza. a lui hanno insegnato l’amore. tu non ci sei riuscita ad impararlo. lui ballava per sua madre mentre lei cucinava per lui ascoltando la radio. lui ha avuto le colazioni tutti insieme delle domeniche di festa. tu che hai avuto? solo bisogni insoddisfatti. 
ed è per questo che gli permetterai ancora una volta di venire a casa tua, ad un’ora a caso nella notte, perché non riesci a dire no. saranno altri frammenti di piacere sporco e poi il solito vuoto. il rituale di sempre. se solo lui sentisse la metà di quello che provi tu. eppure arriverà. spegnerà adagio la luce. le sue mani sul tuo collo appena sfiorato da centinaia di farfalle ruggine. la sensazione sarà la stessa e tu starai sul filo della trepidazione, ti crogiolerai nella solitudine abitata da due corpi estranei. gli regalerai ancora una volta i tuoi pensieri senza far rumore. e lui risponderà distrattamente con un bacio sulla fronte, sul collo, sui seni. mai sul cuore. e con le mani attanagliate ai tuoi fianchi. 
ti stringerà senza afferrarti, come sempre. lo stringerai con la speranza di afferrarlo, come sempre. 
e poi tornerà da lei. e ti farà male. 
sai che diversamente non può essere. e d’improvviso ti renderai conto della futilità dell’amare. di quanto siano aleatori i sentimenti. tu non l’avrai mai. dovrai solo accontentarti di briciole d’intimità. e sempre col volto disegnato dal rifiuto accanito alla solitudine. 
ti stringono i collant e decidi di toglierti tutto. come in un nuovo inizio. vai allo specchio e ti passi una mano sul viso. poi scendi, ti sfiori i seni, il tuo fallimento. non sei mai riuscita a nutrire un vero amore con i tuoi seni. il rammarico delle cose perdute. la sterilità dei tuoi comportamenti ti ha portato a sospirare davanti ad un riflesso incerto di una finestra appannata. e ti togli la blusa. ti afferri i seni. chini il capo. seni inutili. sono più suoi che tuoi, avido di loro, seni scontati. come i fianchi su cui ora scorrono le mani fino a scendere giù a togliere la gonna. e i collant. noti una smagliatura che prima non c’era. un altro segno del tempo che passa. un altro segno dei tuoi fallimenti. una tacca in più che si perde nella miriade di tacche che scandiscono la tua vita fatta di vuoti a rendere. non sei mai riuscita a dare il tuo miele. sei un vuoto a rendere. la vasca da bagno è piena fino all’orlo. dalla finestra, la luna la illumina appena. per un attimo tremerai al contatto con l’acqua fredda. poi passerà, perché anche tu sei fredda. lui stasera non verrà. ormai ne sei certa. regalerai quello sguardo alla flebile luna. canterai il tuo dolore che colorerà l’acqua di rosso porpora. non capirai da dove viene tutto quel vapore che ti inonda il viso. forse saranno le lacrime. forse l’intensità del tuo dolore. l’acqua è fredda. tu sei fredda. eppure il vapore invaderà la stanza fino a coprire tutto. e tu nemmeno riuscirai a vederlo il rosso porpora che ora ti avvolge. nemmeno le sentirai le lame che aprono le vene. l’unica cosa che sentirai sarà la sua voce: 
“dammi il tuo miele, bambina. yeah.” 
e poi un caldo vuoto.”

di Emilio Ceruti aka “Toffolo”.

Grazie ad Emilio,che ha scritto questo bellissimo racconto,che per certi versi racconta di tutti e due.Ci sentiamo un pò nello stesso modo quasi contemporaneamente è Toffolo?!..Io qui,tu dall’altra parte del mondo!Ma certe sensazioni ci accomunano e ci legano nonostante i chilometri di distanza.A tratti,non per tutto,provo le stesse cose che hai scritto tu e che racchiudi dentro a questa breve storia.E così leggendolo mi sembra di averti un pò più qui vicino a me.E anche io mi sento un pò così…tutti e due nel nostro “limbo”…e anche io voglio le farfalle,ancora…e ancora.E anche io vorrei essere ancora…miele.

Leggo il tuo racconto e ascolto questa canzone,”è troppo facile” di Meg,nel video lei sembra fatta di mille farfalle!